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Storia ed evoluzione della condivisione dei file su internet

In principio fu Xmodem, un protocolo di trasferimento file sviluppato al MIT di Boston da Ward Christensen nell’ormai lontano 1976. Eravamo agli albori dell’informatica moderna, e nessuno avrebbe mai pensato che questa nicchia sarebbe diventata una delle più diffuse, esplorate, amate e controverse della storia di Internet.

La storia della condivisione file

Dopo un paio di decadi per mettere a punto le tecnologie, per sviluppare algoritmi efficienti di compressione audio e video e per permettere alla tecnologia di avanzare per aumentare la velocità di upload e download, all’inizio degli anni duemila finalmente il mondo del file sharing esplose e diventò incontrollabile.

Vennero introdotti nuovi protocolli di condivisione e formati; la rivoluzione si ebbe soprattutto grazie a Napster, un software peer-to-peer (p2p) sviluppato da Shawn Fanning e lanciato all’inizio del 1999.

In questa enorme rete privata, gli utenti si registravano e si scambiavano file soprattutto musicali in maniera anonima, senza nessun server a fare da tramite. E’ l’inizio della fine per le case discografiche, da sempre con lo sguardo teso verso la pirateria e le potenziali violazioni di copyright. Napster riuscì a complicare ulteriormente le cose, tanto che nel febbraio 2001 aveva 26 milioni di utenti in tutto il mondo, una cifra stratosferica per l’epoca, viste anche le percentuali esigue di persone connesse a internet.

Napster perse la causa contro l’etichetta americana A&M Records e diverse altre ad essa associate sotto la RIAA (Recording Industry Association of America) e fu costretto a chiudere nel luglio 2001, ma alcuni lungimiranti discografici sottolinearono il fatto che la promozione gratuita di musica era un veicolo pubblicitario incredibile.

Ma la bomba file sharing era ormai scoppiata. Gnutella, Emule, BitTorrent, sono soltanto alcuni dei nomi noti agli appassionati di condivisione file. Fatto un papa se ne fa un altro, si dice, e in questo mondo così dinamico, dove le cose cambiano di settimana in settimana, non c’è niente di più vero. Nonostante le tecnologie siano in costante evoluzione, il protocollo p2p è sempre quello più utilizzato, e l’arrivo della banda larga e l’aumentare della popolazione online ha fatto sì che questi servizi continuino a prosperare. Secondo alcuni studi, nel 2019 è stato BitTorrent il software di file sharing più utilizzato, in grado di generare da solo il 2.46% di traffico in download e il 27.58% del traffico in upload di tutta Internet.

I giorni nostri

Oggi la condivisione file su internet ha raggiunto vette impensabili fino a soltanto 5-10 anni fa. Questo perchè dalla sola musica si è iniziato a condividere video, foto, grafica, software e qualunque cosa possibile e immaginabile. C’è chi addirittura si è specializzato nel segmento degli appunti universitari, come ad esempio unidocs, un noto sito che fa incontrare virtualmente i ragazzi e le ragazze di tutti i corsi di laurea italiani, pronti a scambiarsi dispense, fotocopie, appunti presi a mano o al computer, e tutto quello che può servire per superare brillantemente un esame.

Tutto assolutamente alla luce del sole e legale, poichè non viene violato nessun diritto d’autore: gli studenti decidono autonomamente di pubblicare online il loro materiale in modo assolutamente gratuito.

Le controversie legali

Napster ha fatto scuola, e la causa contro la RIAA ha fatto sicuramente giurisprudenza. La condivisione dei file su internet è da sempre vista come una partita a nascondino tra il gatto e il topo, e anche negli anni 2010 fino ai giorni nostri, il problema più grosso è sempre stato quello della condivisione illegale di file sottoposti a diritti d’autore (musica, video, audio, software o qualsiasi altra cosa).

Sono tanti i servizi di streaming musicale, file hosting, video sharing e siti torrent che sono nati nel giro di pochi anni, hanno guadagnato una popolarità enorme e poi sono stati chiusi in seguito a denunce, cause legali o addirittura arresti dei proprietari, come quando nel 2015 l’FBI arrestò l’amministratore del sito ShareBeast, che secondo la RIAA era il sito di condivisione file più prolifico d’America.